Adesso riponi
il tuo membro
e ti senti davvero orgoglioso
tu, bastarda bestia insensibile
senza mai nulla di umano
mi hai strappato la dignità
e l’hai trasformata in poltiglia.
Io resto qui,
quasi apatica
sdraiata in questo vicolo
travolta dalle immense ferite
fra le gambe e dentro l’animo
e fanno un male tremendo
sanguinano intanto che bruciano
ed io non riesco ad alzarmi
ma riesco ad odiarti a morte.
Questo mio
cuore impazzito
sbatte contro lo sterno
sembra lo voglia spezzare
frattanto la mia mente vaneggia
e tenta di ritornare indietro
a prima che tu arrivassi
quasi a mutare il tuo destino
per poterlo cancellare dal mio.
Ma non mi
sente nessuno
da quelle finestre sbarrate
dietro ogni robusto portone
e la mia sofferta implorazione
non è che una supplica muta
intrappolata nella mia gola.
Ancora solo
qualche minuto
in cui vedo il tuo volto orrendo
da annegare con il mio sputo
dopo tramortirlo di ingiurie
lo so, è una mera illusione
null’altro che un’utopia.
Se mai ci fosse giustizia
tu
moriresti tra mille supplizi
soffocato
dallo stesso tuo seme
che hai
iniettato al mio corpo
stille
di biancastro veleno
quasi
fosse una maledizione
la mia
rabbia di averti dentro
come se
ti appartenessi per sempre.
Ma tu non sei un uomo
ed il
coraggio che hai avuto
nello
stuprarmi e picchiarmi
merita
soltanto il mio disprezzo
tu,
mostrato al pubblico ludibrio
alla
mercé della gogna di piazza
per
riuscire a comprendere alfine
cosa
siano la vergogna ed il biasimo.
Probabilmente io avrò altri giorni
che si
saranno fermati all’istante
nel
quale ho incrociato i tuoi occhi
vittima
del tuo sguardo malvagio
tagliente
sulla mia pelle innocente
rivestita
di cicatrici profonde.
N° 2525 - 30 maggio 2013
Il Custode
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