Non cerco più
adesso che sono cieco
ed il mio cuore di cenere
è sparso oltre le siepi.
Cammina i tuoi
passi
come se non fossi sola
ed avrai sorrisi e finzione
da raccontare all’amore
quello che tu hai imbrogliato
tanto da renderlo folle.
Ti ho attesa
nel sogno
solamente per abitudine
tu, con le unghie spezzate
graffiavi le mie pupille
io, con la notte negli occhi
davvero non sentivo dolore.
Ma venne il
tempo di bere
parole ingurgitate a sorsi
tu le scegliesti con cura
come sputi sopra il mio viso.
Venne
l’istante di chiedersi
perché non seppi amarti
seppure nella mia anima
le pareti erano pregne di te.
Io non mi
pento
comunque domando perdono
a questa follia sbarazzina
che mi fece prendere un treno
a tagliare in due la pianura
fino alle terre del grano.
Resterò sotto
il salice
ad annusare la brezza
è là che il tuo primo addio
coincise con l’ultima lacrima
che il vento tentò di iniettare
alle mie labbra assetate.
Sopra la
sponda del lago
con la costanza del Buddha
io so che vedrò passare
il cadavere del mio destino.
N° 2623 - 28 agosto 2013
Il Custode
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