Io la ricordo
come fosse adesso
la sera in cui tu mi uccidesti
e fu quando il vento sorrise
tanto era felice di portarti via
io supplicavo parole mai dette
e sospiri smarriti sopra le labbra.
Schizofrenia
di falene danzanti
che giravano intorno alla lampada
io osservavo il loro folle suicidio
mentre annegavano nel mio bicchiere
impreziosivano il gusto del vino
che io bevevo per sognare il tuo viso.
Sinfonia dei
miei occhi tumefatti
consumati a tinteggiare un pensiero
che era rimasto appeso alla luna
vi si dondolava come sull’altalena
poi si tuffava dalla scogliera di stelle
ma sotto, quel mare, era fatto di asfalto.
Estratto a
sorte dalla mia ampolla
ogni tuo bacio implodeva nell’aria
e la mia ira si fece tempesta
che impietosiva i gufi del bosco
e sacrificarono le bocche di rosa
però quel sapore era distante dal tuo.
Mi ritrovai
supino sopra l’aurora
addormentato tra granchi e illusioni
ed un carillon insisteva a suonare
le note ossessive della tua bella voce
pareva essere rintocco di un pendolo
la litania di chi piange un morto.
Adesso passa
qualcuno, nel buio
e mi racconta che ti manco davvero
però il dolore mi ha reso sordo
seppure non ti abbia dimenticata
allora confido ad una gazza dei prati
che quell’amore non fu una menzogna.
N° 2192 - 7 agosto 2012
Il Custode
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