Fra le stanze
del mastio
talmente vaste ed oscure
io ti cerco ogni istante
e rivedo il tuo viso altero
tessuto sopra ogni arazzo
cesellato in ogni mosaico
ed è miraggio e visione
la mia follia che prevale.
Sicché pare
sia inverno
sotto il cielo di primavera
che semina gocce di pioggia
sopra l’intera vallata
io percorro il camminatoio
e con lo sguardo alle feritoie
osservo la foresta distante
cercando la tua dimora.
Non avrei mai
potuto
sebbene lo bramassi davvero
averti stretta al mio fianco
seduta accanto al mio trono
benché tanto saggia ed elegante
nessuna parvenza di nobiltà
scorreva nelle tue vene
era ascritta nella tua araldica.
Eppure eri
aristocratica
ed impersonavi il mio desiderio
tu cantavi siccome usignolo
ed amavi con rovente passione
nessuna donna che fosse degna
di portare una tale nomea
avrebbe mai potuto eguagliarti
avrebbe mai potuto adombrarti.
D’amore che io
ti ho amata
quantunque ti ritenessero strega
tu, promessa sposa al demonio
ma io ti volevo quale Regina
per mostrare all’intera contea
che furono ingiuste le accuse
frutto di gelosia ed ignoranza
null’altro che maligne menzogne.
Di certo io mi
reputo indegno
di portare questa mia corona
questo fardello talmente pesante
che mi impose la mia rinuncia
io debbo governare un regno
e la corte mia ti osteggiava
dunque, nel voltarti le spalle
io scelsi la decisione più amara.
Adesso ti
rimpiango ogni notte
sperduto nel mio immenso talamo
mentre ti insinui nei sogni
incoraggiata dai raggi di luna
e vi rimani sino all’aurora
accompagnata dal canto del gallo
mentre io osservo la foresta distante
di nascosto, dalla mia finestra.
N° 2460 - 30 marzo 2013
Il Custode
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