Affila i tuoi
artigli
ed infine colpisci
diritto nel mio petto
che s’agita e freme
per indicarti il battito
del cuore alla deriva.
E cerca e
distruggi
del millantato amore
prima che io scompaia
verso la mia galassia
fatta di apatico oblio
di dubbio e di solitudine.
Io ti ho già
vista
nel tuo egoista dolore
non me ne compiaccio
ma la mia anima è cieca
il suo respiro è svanito
tra i disperati ricordi.
Tu dovresti
afferrare
ogni tuo stupido rimpianto
e fissarlo negli occhi
e scaraventarlo al suolo
poi con estrema violenza
gridare l’odio che rechi.
Infine
dovresti scordare
le mie mani distanti
da tutto ciò che rimane
del tuo corpo impaziente
che non so più sfiorare
che non sento più mio.
Affila i tuoi
artigli
e spalanca il mio sterno
nutriti del mio vuoto
che io non merito nulla
né i sorrisi che inventi
né le lacrime che sprechi.
N° 2033 - 29 marzo 2012
Il Custode
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