siccome ebbi chiaro
perché e per chi accadde
però lo feci ancora
talmente stupido e testardo
tornai al mio primo errore.
Il peccato
originale
fuoriusciva dalle vene
rubini e poi frammenti
d'un amore perso ai dadi
e luccicava il pavimento
una pozza di sangue e melma.
La poltiglia
d’un pensiero
infranto nello specchio
e l’immagine riflessa
non pareva appartenermi
ma invecchiato con premura
bevevo il mio destino a sorsi.
Afferrai un
capo del filo
per scucire le mie rughe
volevo il viso fosse lindo
e così per la mia anima
come un panno steso al sole
il mio cuore si asciugava.
Mi acquattai
sopra il letto
fatto d’acqua e di rimpianto
il mio viaggio ebbe inizio
che nemmeno me ne accorsi
il tempo di uno starnuto
dopo vidi soltanto tenebre…
N° 2387 - 25 gennaio 2013
Il Custode
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