talmente subdolo e infido
da lacerare l’anima
che però fu collante
quanto le nostre lacrime
nate per non dividerci
le piangemmo per secoli
senza pensare ad altro.
E poi, quel
maleficio
diventò piuma leggera
e mitigò con la brezza
che soffiava oltre i monti
ma i nostri cuori morenti
solcati da cicatrici profonde
si fecero come gli sguardi
in preda alla cecità.
Il mio
silenzio artefatto
la tua disperazione insolente
come barchette di carta
affondarono sotto le onde
che forse, quando si muore
si diventa alquanto egoisti
e ci si scorda di coltivare
l’amore che si era seminato.
Adesso sono
più solo
credo sia il mio destino
e tu sei sempre più bella
non è il tuo pregio migliore
io vedo dentro i tuoi occhi
la forza della tua sofferenza
quella che mi sorregge
e non mi consente di evadere.
N° 2208 - 22 agosto 2012
Il Custode
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