<<Amami ancora!>>
Lo implorò che era notte
e ritto sul davanzale
osservava le stelle
contemplava la luna.
E la gente in
attesa
sopra il selciato distante
commentava con garbo
quasi che fosse a teatro
alla galleria di un museo
e morbosa ed attenta
non riusciva a svanire
oltre i viali del parco.
<<Non avevo null’altro
soltanto il tuo sorriso
e quelle tiepide labbra
ferme sopra le mie
e tu lo chiamavi bacio.>>
Le falene
passavano
pensavano ad una finzione
in quel crepuscolo opaco
fatto d’estate e di afa
domandarono chi egli fosse
per stare talmente in alto
e poiché non videro ali
reclinarono il capo deluse.
<<In balìa della brezza
il tempo della caduta
chissà mai quanto occorre
per averti negli occhi
tu, unica ed ultima immagine.>>
Sicché si
sparse il sangue
a spengere ogni lampione
e le zanzare credettero
ad un maestoso banchetto
frattanto egli ansimò
il suo respiro gitano
che diresse i propri passi
verso l’oblio delle tenebre.
N° 2625 - 29 agosto 2013
Il Custode
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