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venerdì 14 febbraio 2014

IL GIUDICE

Il giudice si fermò
in quella notte limpida
colorata di primavera e di calore
e nella pace, sulla veranda
osservava il fumo candido
che si alzava dalla sua sigaretta
e correva a baciare il cielo
e correva per fare l’amore
con le nuvole disegnate lontano.

Il giudice aveva un sogno
che coltivava dentro l’anima
puntando il filo dell’orizzonte
mentre l’aria profumava di limone
intanto che l’aria odorava di ulivo
ed ovunque le cicale cantavano
consentendo ai grilli impazienti
di ascoltarle in maniera pacata
senza contraddirle mai.

Il giudice vedeva la mafia
appestare le terre di Sicilia
e come erba cattiva e velenosa
si illuse di poterla debellare
affondarla nel mare increspato dal vento
o con il vento guardarla svanire
volteggiare per il saluto dell’addio
e smarrire per sempre la strada
e non saper ritornare mai più.

Il giudice salì l’autostrada
mentre il sole di maggio salutava i campi
e la morte arrivò che nemmeno la vide
tra il silenzio delle case di Capaci
frantumato dall’esplosivo invadente
e lui, fragile come fosse stato cristallo
si addormentò nel cratere che non era la luna
tra le luci dei soccorsi che non erano le stelle
ed il sogno incatenato al suo ultimo respiro.

  N° 1023 - 27 marzo 2008

                                                   Il Custode

                                                     

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