sotto un cielo plumbeo
alla deriva, nell’oceano
dentro un guscio di noce
e rintrona il cuore
quasi intendesse gridare
ma la voce oramai muta
si smarrisce tra le onde.
Ed è distante
l’isola
così sembra la vita
e dei gabbiani mi giunge
la risata sardonica
che, se io solo potessi
strapperei loro le ali
basterebbe questa mia ira
a farne sangue e cenere.
Io annuso la
tempesta
ha un profumo familiare
quante e quante volte
ho ammainato le vele
però io, oramai anziano
intacco ad ogni mia ruga
un tassello di speranza
che intanto si consuma.
Ma dentro la
mia sacca
ho sempre il mio diario
mi serve, mentre lo leggo
a rammentare il tuo viso
lo stesso che io sfioravo
e ancora non lo credevo
che tu lo concedessi
in balìa delle mie carezze.
Si perde ora
lo sguardo
all’orizzonte distante
adesso attendo sul mare
che trascorra via la notte
perché so che il domani
è una lunga attesa
eppure io lo aspetterò
immaginando il tuo amore.
N° 2278 - 17 ottobre 2012
Il Custode
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