Noi tutti lo sentivamo
il respiro gelido e maligno
della morte in agguato
ogni volta che i nostri
occhi
si alzavano verso il cielo
ad osservare quel mostro
fatto di ferro e di cemento
che imprigionava le acque
sopra le valli del Veneto.
I vecchi lo raccontavano
ma i tecnici non ascoltavano
che l’argilla fragile e
compatta
che dava vita al monte Toc
avrebbe ceduto all’erosione
avrebbe portato la
distruzione
tra le colline di erba e
fiori
e le nostre case di pietra
che non volevamo
abbandonare.
Fu così che tutto accadde
quando il monte si sbriciolò
e cadde a carezzare il
bacino
che l’onda si alzò
prepotente
a scavalcare la diga
malvagia
ed in quella sera di ottobre
prese la via di Longarone
travolgendo ciò che
incontrava
uccidendo chiunque vedeva.
Ed i morti furono tanti
sotto le valli del Veneto
divorati dal fango e la
melma
giustiziati dall’umana
cupidigia
mille e quattrocento anime
svanite
inghiottite dalle colline ed
i fiori
mentre il mostro di ferro e
cemento
restava a guardare
impassibile
i sacrificati martiri del
Vajont.
N° 1218 - 29 agosto 2008
Il Custode
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