Le mie ali ferite
di
pezza e di carta stagnola
appesantite
dalla pioggia
corrose
dalla nicotina
non mi
permisero il volo.
Sicché io precipitai
tentai
di aggrapparmi al cielo
persi
la presa poi caddi
mentre
la gente leggeva poesie
e
cantava canzoni melense
qualcuna
non mi comprese
e
continuò ad oziare
perseverò
a sognare.
Sul fondo del pozzo
tra lo
zolfo ed il magma
ed un
labirinto di grotte
e se io
scelsi l’inferno
lo feci
solamente per noia.
Il vento gridava bestemmie
nelle
caverne e gli anfratti tetri
popolati
da demoni pigri
eppure
io seppi l’amore
ed era
alquanto sincero
che il
cuore lo bisbigliò
affinché
nessuno sentisse
fino a
morirne d’invidia.
C’è una luce sottile
che
filtra da una fenditura
una
ruga sopra il soffitto
e mi
colpisce negli occhi
fastidiosa
quanto i pensieri.
Eppure mi sento sereno
adesso
che le mie ali
giacciono
sul lago di fiamme
sarebbero
presto guarite
ma io
non volevo volare
perché
mi sento sereno
distante
dal mio passato
diretto
all’incerto futuro.
N° 2561 - 3 luglio 2013
Il Custode
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