Poi arrivò
l’aurora
come una mano pietosa
per posare una carezza
sopra la sua disperazione
ed il vento, con calma
oltrepassò la finestra
dove i fiori sul muro
appassivano e morivano.
Dentro la sua
stanza
il tempo si era fermato
e lo aveva fatto da tempo
che lui non si ricordava
ed un bicchiere sul tavolo
conteneva le sue lacrime
per dissetare un’allodola
che era là di passaggio.
Ai piedi della
collina
dove si ergeva la casa
silenzioso come una serpe
avanzava il dolore
che strisciando sopra i prati
travolgeva grilli e cicale
la prepotenza di chi è robusto
la rabbia di chi non è amato.
Bussò
insistendo alla porta
senza ottenere risposta
il tempo si era stancato
e non aveva più tempo
le lacrime dentro il bicchiere
erano gocce di pioggia
che il vento aveva raccolto
per tramutarle in oceani.
Poi ritornò la
notte
col suo mantello di pece
e si posò con molto garbo
sopra la collina e la casa
ma lui, sfuggito al dolore
viaggiava le tenebre e l’oblio
all’orizzonte solo una luce
che lui non raggiunse mai.
N° 1796 - 19 marzo 2011
Il Custode
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