E’ giunto il
tempo di migrare
ricamare un ultimo addio
ed affrontare il cielo aperto
cercare distanze mai esplorate
per dare sfogo a questo cuore
e liberarlo dal quel macigno
del tuo viso di inaudita bellezza
che oscilla dentro il mio sguardo.
In bilico sul
fragile arcobaleno
che si frantuma sotto i miei passi
ma gocce di pioggia mi accolgono
per adagiarmi in fondo al mare
dove raccolgo stelle marine
che mi rammentano la notte
quando lei recò il suo profumo
e sussurrò le sue prime parole.
Ho tentato di
valicare
quel muro di nebbia e solitudine
trovando spiragli di luce
poi voragini nelle quali affondavo
e le crepe della sua anima
sanguinavano un sangue denso
che io non vedevo dove fuggiva
non potevo chiederle di restare.
Ed eccomi
adesso, in equilibrio
sull’ultimo frammento di vita
e sento voci in lontananza
ma nessuna mi saprebbe fermare
c’è solo l’ombra di un gabbiano
che mi rinfaccia la mia idiozia
però l’oblio è così affascinate
e devo accettare la sua mano tesa.
N° 1950 - 1 febbraio 2012
Il Custode
Nessun commento:
Posta un commento