Nelle tenebre
profonde
e la paura avvolgente
io rimango immobile
arti spezzati nel salto
membra ferite e dolenti
all’impatto col suolo.
Non vedo il
mio sangue
che dipinge le rocce
ma ne sento l’odore
che si mescola al tanfo
degli anneriti anfratti
dei cunicoli senza ritorno.
Sono echi
distanti
appese sopra il mio capo
le urla della furia slava
le suppliche dei condannati
che sotto i colpi di mitraglia
salutano la propria vita.
Nelle
catacombe friulane
io stringo il mio respiro
che si appresta a lasciarmi
e lacrimo di disperazione
poiché non è mia intenzione
congedarmi dai miei sogni.
Ma sono
talmente stanco
e mi rassegno al destino
nessuno udirà il mio lamento
dalla mia tomba di pietra
nelle tenebre profonde
quaggiù, nelle foibe.
N° 1691 - 10 gennaio 2010
Il Custode
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