Stringimi a
te, o Poppea
tra le tue braccia
il tuo morbido seno
e fa’ che il tuo viso
quale dolce visione
riempia il mio sguardo
fino a farmi scordare
l’immagine angosciante
di Roma che brucia
il popolo mio che muore.
Siano dunque i
tuoi baci
ad asciugarmi le lacrime
e non l’infernale calore
delle fiamme imponenti
che si levano al cielo
e divorano l’urbe
si nutrono dei moribondi
le cui urla strazianti
pugnalano il cor mio
mi derubano d’ogni parola.
Io sono solo
un ragazzo
seppure già Imperatore
e l’anima mia agonizza
e piange per la mia gente
sebbene sarò ricordato
simile ad un folle assassino
sulla cima del Palatino
a cantare, suonando la lira
la città che diventa cenere
l’odore nauseabondo della morte.
Stringimi a
te, o Poppea
e vieni in mio aiuto
per salvare ciò che rimane
d’ogni pietra dell’urbe
d’ogni vita risparmiata
dal cieco furore del fuoco
adesso non ha importanza
come sarò descritto dai posteri
l’unico mio desiderio
è quello di ricostruire Roma.
N° 1828 - 10 maggio 2011
Il Custode
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