La prima volta
che mi uccisi
stavo saltando le pietre
sopra un ruscello di montagna
e caddi battendo la testa
sopra il mio pensiero più cupo.
Allora presi a
viaggiare l’oblio
dimenticando di essere triste
e tornai a calcare i miei passi
soltanto per poterlo fare ancora
ed ancora fino all’infinito.
Sdraiato sopra
una foglia morta
attesi la tempesta perfetta
per vedere i miei ricordi affondare
sotto onde di pioggia e rugiada
in picchiata da un cielo pigro.
Ostaggio di
una lieve pazzia
fui equilibrista sopra lo zolfo
che bastò una sola scintilla
ed il fiammifero prese a bruciare
facendo cenere del mio dolore.
Distrattamente,
come chi sogna
cavalcai il dorso delle nuvole
però per osservare la speranza
precipitai sull’asfalto di lamiera
e in un istante mi lacerò il cuore.
Ma un lupo che
fumava il narghilè
domandò perché mai lo facessi
mentre io desideravo di morire
tutte le volte che fosse necessario
per potermi liberare dell’amore.
N° 2235 - 16 settembre 2012
Il Custode
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