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lunedì 24 marzo 2014

LA PACE DEL TORO

Ed eccoti a me dinnanzi
ti sei calato con forza
dentro il tuo stretto abito
fatto di velluto e lustrini
che ti rende talmente ridicolo
ti dà un’aria così effeminata
altro che prova di forza!
E quel drappo di porpora rossa
che stringi tra le tue mani
mi provoca una rabbia infinita.

Ritto sulle mie zampe
fermo al centro dell’arena
io attendo l’ultimo istante
mentre l’odio che provo
rintrona nella mia testa
e le mie narici implodono
di ira e di stanchezza
e per causa della stoppia
che hai infilato nella mia gola
per impedirmi di respirare.

Percepisco la folla acclamarti
e sento tutto attorno a me
il lamento degli anziani cavalli
le grida di picadores e banderilleros
mentre la vaselina sui miei occhi
annebbia di lacrime la mia vista
mi occlude la tua ombra
che ansima tra la terra d’ocra
e si avvicina quasi danzando
per infliggermi il colpo mortale.

Ma d’improvviso io scarto
tu, sorpreso, inciampi e poi cadi
io ti raggiungo in un lampo
ti offro il bacio delle mie corna
tu adesso impari un dolore tremendo
eguale a quello della tua spada
che era oramai prossima a trafiggermi
esplodono il fegato ed i tuoi polmoni
tra fiotti di sangue in tempesta
che si sollevano poi ricadono al suolo.

Adesso i tuoi sgherri si lanciano
mi colpiscono con violenza cieca
ed io sento la vita sfumare
e dunque mi sdraio al tuo fianco
e resta dentro il mio sguardo
il tuo sguardo emigrato lontano
le tue pupille di vitreo oblio
e mentre scemano le urla della folla
pare quasi che cali la notte
ma è soltanto, e finalmente, la pace.

  N° 1863 - 10 settembre 2011

                                                         Il Custode

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