Un viandante
in cammino
tra i viali e le colonne
nell’Olimpo immenso
come io fossi prigioniero
nel labirinto di Dedalo.
Scrutato
severamente
dallo sguardo di Zeus
io chiamavo il tuo nome
ma ottenevo in risposta
la eco della mia solitudine.
Il sospiro di
Mnemosine
era per me sprone e coraggio
a non scordare il tuo viso
la lineare perfezione
del tuo corpo di Musa.
Ti ritornavo a
cercare
tra le siepi e le rose
i laghi di placide onde
dove, sopra le quiete ninfee
posavano libellule stanche.
Nell’universo
distante
ecco tu dove stavi
a disegnare le costellazioni
e satelliti come ghirlande
sul capo d’ogni pianeta.
Allora io, in
ginocchio
ed al cospetto di Pegaso
elemosinavo il suo aiuto
che mi prendesse sul dorso
per condurmi dinnanzi a te.
Infido,
vestito di tenebra
come la notte più oscura
nascosto da sembrare codardo
protetto dall’Orsa Maggiore
speravo di vederti passare.
Ed il tuo
bacio, Urania
è giunto alle mie spalle
a solcare le mie guance
impreziosire le mie labbra
come ornamento di bellezza.
Adesso so che
mi ami
che se lo sapesse anche Apollo
brucerebbe le ali di cera
come Icaro vicino al sole
per perire in fondo all’oceano.
Intanto
cantano e danzano
gioiose le tue otto sorelle
ma i suoni mi sono ovattati
poiché io non sento e non vedo
null’altro che la tua immagine.
N° 2084 - 12 maggio 2012
Il Custode
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