Resto
avvinghiato a te
come un moribondo alla fede
all’interno di questa notte
che ispira grilli e cicale
a canti e dopo amplessi
incuranti di sguardi morbosi.
Io ti attendo
ancora
come un condannato la grazia
mi quieto sul tuo respiro
che mi accarezza la pelle
ed è oppio e pura fragranza
nebbia nella quale mi perdo.
Eppure si
muove
la luna con le sue stelle
ognuna per contemplarti
e raccontarti ai viandanti
forse, quella cadente
si suicidò per il tuo amore.
Duellanti
innanzi al tuo viso
perdono senno e ragione
titani che paiono possenti
però fragili nei loro cuori
affrontano il proprio destino
d’essere morti di te.
Io annuso la
tua oscurità
la libido che tu sai creare
e chiuso nella mia gabbia
cinguetto il mio canto migliore
ma adesso ti vedo arrivare
e posso tornare alla vita.
N° 2179 - 29 luglio 2012
Il Custode
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