La carne a
brandelli
o cari figli adorati
tra le mura e le sbarre
di questa angusta cella
sicché il mio digiuno
poté più del dolore
echeggiano le vostre urla
dalla torre della fame.
E mormora
piano l’Arno
tra i canali di Pisa
s’alza il vento e raccoglie
i vostri sospiri morenti
fu per l’atroce supplizio
del vedervi consumare
o per l’istinto di vivere
ch’io vi feci mio pasto?
Siccome fui
alla mercé
del vendicativo arcivescovo
mi si divorano i giorni
nella prigione mia gelida
odo le vostre suppliche
vagare per la penombra
fardello per la mia anima
ragione mia di pazzia.
Adesso è
nettare il sangue
ch’io stesso ho generato
presto sarete carcasse
o cari figli adorati
sicché ora per gli inferi
io camminerò tra i dannati
a strapparmi e nutrirmi
delle mie stesse dita.
N° 2414 - 23 febbraio 2013
Il Custode
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