chiuse nelle sue labbra
erano come saette
pronte a solcare il cielo
plumbeo ed oscuro
di nuvole che s’adiravano
si lanciavano strali
ed infine piangevano.
Nel suo cuore
schegge di raso e ferite
gomitoli di intenso dolore
dall’arcolaio della vita
causa ed effetto
sul sentiero del fallimento
lei concimò con la rabbia
ciò che raccolse fu il nulla.
Spalancò gli
occhi
ed annusò la tempesta
che come un falco rapace
pareva volesse ghermirla
non vi si oppose
ma aprì le mani alla pioggia
ne assaporò ogni goccia
tra i capelli ed il palato.
Chiese perdono
ad uno stormo di aironi
fermi sull’orizzonte
quasi attendessero il sole
mentre cantava
la sua nenia nervosa
come chi ha perso ogni cosa
e non la sa ritrovare.
Le parole
chiuse nelle sue labbra
erano romanzi già scritti
ed il finale era triste
davvero molto distante
oltre le terre nascoste
ecco dov’era il sorriso
che le salvò la vita.
Fu un solo
istante
sopra la rupe più alta
lei vide arrivare la brezza
e provò a saltarle sul dorso
così spiccò il salto
nel nucleo della penombra
e nessuno si avvide
se lei riuscì nel suo intento
ma qualcuno disse
che non ebbe paura
e fu così che il vento
si portò via Flaminia.
N° 2445 - 19 marzo 2013
Il Custode
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