Era quello il
treno
che odorava di acciaio
e ruggine intensa nelle narici
ed io da solo, nella notte
pensavo i miei mille pensieri
girandole e vortici
che mi facevano sorridere
che mi facevano piangere.
E strideva e
scintillava
il bacio della rotaia
scheggia di sibilo fastidioso
che si insinuava nei timpani
sembrava volesse prevaricare
le tue parole di odio
le tue parole d’amore
al giorno che albeggiava.
Era quello il
treno
dei ricordi oramai lontani
che io coltivavo con cura
sopra il mio davanzale
e tutta la gente che passava
forse pensava fosse magia
quello che tu eri per me
quello che tu ripudiavi.
E spine e poi
cocci di vetro
dentro la mia anima moribonda
che allora ti dissi cose
che solo i folli germogliano
per quale altra ragione
ti avrei mai voltato le spalle?
Per il mio male di vivere
per la mia codardia di morire.
Era quello il
treno
non mi ricordo il binario
so solo che mi attendeva
per il mio ultimo viaggio
ed ecco spuntare il sole
ad illuminare il tuo viso
e rendere così meno gelido
il mio tragitto verso l’oblio.
N° 2002 - 10 marzo 2012
Il Custode
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