Io lo sento
ancora
il tuo profumo infantile
che si inchina come brezza
ad accarezzare i prati
dopo si insinua insolente
tra queste mie stanze vuote
rese gelide e tristi
dalla tua dipartita prematura.
Immagino il
tuo sguardo
di creatura fragile ed eterea
frutto del sangue versato
nell’alcova del mio grembo
un dolore dolce e robusto
per poterti recare fino a me
figlio che eri la mia vita
diventato alfine cenere al vento.
Io rivedo il
tuo addio
nella limpida sera d’agosto
molte stelle appese al cielo
corteo di accoglienti scintille
affinché le ombre fossero miti
e le mie lacrime, brina lucente
mentre il tuo nome sulle mie labbra
si tramutava in lieve sospiro.
Penso a quei
giorni malvagi
la nenia cantata dalle cicale
triste lamento verso la valle
ad invocare il tuo ritorno
come fosse la speranza dei folli
la cieca venuta della pazzia
figlio che eri il mio sorriso
ed ora sei un doloroso ricordo.
N° 1762 - 5 febbraio 2011
Il Custode
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