Io ti chiedo perdono, Giocasta
madre amorevole ed ignara
che mi perdesti che ero
fanciullo
abbandonato con i piedi
feriti
dal mio stesso padre, Re
Laio
convinto dalle profezie dell’oracolo.
Fu così che io crebbi a Corinto
lontano da Tebe ed il tuo
viso
immemore d’avere il tuo
stesso sangue
persino quando uccisi mio
padre
che io non sapevo essere
tale
avverando le paure che lo
tormentavano.
E fu quando sconfissi la Sfinge
che divorava la gente del
regno
incapace di svelare i suoi
enigmi
che il popolo mi decretò Re
di Tebe
e tu diventasti la mia sposa
per un astratto gioco degli
Dei.
Così per anni siamo stati felici
amanti appassionati ed
indivisibili
ma quando l’indovino ha parlato
rivelandoci le nostre
identità
hai voluto porre fine alla
tua vita
e dal dolore io mi trafissi
gli occhi.
Adesso anche i miei miseri giorni
si stanno avvicinando al
crepuscolo
e continuo a rimpiangerti,
Giocasta
che mi generasti con gioia
ed amore
e fosti madre amorevole ed
ignara
e moristi come dolce mia
sposa.
N° 1236 - 14 settembre 2008
Il Custode
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