gelò al vento dell’inverno
tu, col tuo sole invadente
volesti ancora sentirla.
Eppure io non
ricordavo
o forse era solo finzione
l’avevo plasmata dal nulla
dall’eco dell’ultima supplica
e con il plettro fra i denti
pareva essere un graffiante sibilo.
Ma, frutto del
senno perduto
quel suono rimase distante
capace di incrinare il cielo
come fosse vetro o cristallo.
Io, ritto in
perfetto equilibrio
sulla prima brezza di passaggio
ascoltavo, scrivevo ed ascoltavo
ed il tuo viso diventava vapore
il mio cuore un bimbo addormentato
nel silenzio che era bellissimo.
N° 2572 - 13 luglio 2013
Il Custode
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