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sabato 18 gennaio 2014

IL DINAMITARDO

Nascosto all’ombra del muro
molto distante dal sole
codardo fino al midollo
lui strinse il telecomando
come si stringe la mano
di colei che si ama da sempre.

Intanto planavano libere
farfalle con l’abito buono
e l’aria era frizzante
aveva il sapore di brina
sicché il mercato cianciava
voci che avevano premura.

Le madri ed i loro bambini
cresciuti ad irritanti capricci
ed i gatti in posa tra i banchi
pazienti, attendevano il pesce
l’uomo osservò il paesaggio
la vita che scorreva ignara.

E quando scivolò il dito
il pulsante ebbe uno scatto
come fosse davvero adirato
poi la rabbia diventò fiamma
si alzò a graffiare le nuvole
ed uccise le colombe in volo.

Calmo come chi ha molto tempo
l’uomo lasciò il nascondiglio
passando con noncuranza
davanti a cadaveri e cenere
tra i moribondi che agonizzavano
ed urlavano bestemmie e dolore.

Non sprecò alcuno sguardo
né versò lacrime inutili
sopra le membra straziate
delle ragazze davanti alla scuola
indifferente e quasi di pietra
schivò la confusione ed il calore.

Aspirò l’odore del sangue
il lezzo di carne bruciata
e lo fece a pieni polmoni
dopo sembrò quasi destarsi
e si sentì come fosse un artista
mentre le sirene gridavano.

L’uomo osservò il paesaggio
e sembrava davvero compiaciuto
intanto la brezza soffiava
scompigliando i suoi capelli
che si scostarono a rivelare
il suo volto gelido e fiero.

  N° 2236 - 17 settembre 2012

                                                          Il Custode

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