Prima o dopo ti ritroverò, Penelope
perché questo immenso mare
dovrà pure avere una fine
e tu non dovrai più fingere
di lavorare alla tua tela
per non cedere alla
rassegnazione
e maritarti al Re dei proci.
E ti narrerò del mio navigare
alla ricerca della nostra
Itaca
dopo aver creato cenere e
rovine
delle mura superbe di Troia
ed averne decimato le genti
per compiacere l’ambizioso
Menelao
che mi costrinse con il
ricatto.
Ti svelerò l’orrore nello sguardo
dei miei uomini divenuti
cibo
per il famelico ciclope
Polifemo
che solo l’astuzia della
disperazione
mi consentì di ingannare
e con il palo trafissi il
suo occhio
Dopo averlo inebriato con il
vino.
Saprai della crudele maga Circe
che rosa dall’invidia e la
gelosia
tramutò l’intero mio
equipaggio
in bestie dall’umano
intelletto
e solamente con paziente
diplomazia
io la convinsi al
ripensamento
per riprendere, infine, il
mio viaggio.
E la voce melodiosa delle sirene
che torturava l’animo mio
allorché mi feci legare con
forza
all’albero della mia nave
poiché non avrei mai potuto
avere ragione della
tentazione
di cedere alle loro
lusinghe.
E ti conterò dello stretto di mare
nel quale attendevano come
fiere
Scilla con le sue fauci
spaventose
oppure i vortici affamati di
Cariddi
che tutti gli uomini al mio
seguito
trascinarono nella
profondità dell’ade
Lasciandomi solo in balìa
del fato.
Ma non ti dirò di Calipso, la bella
che m’accolse sulla sua
isola
e folle del suo amore per me
mi imprigionò per sette
lunghi anni
finché Zeus ordinò di
liberarmi
ed ella mi procurò la
zattera della fuga
e si lasciò morire alla mia
partenza.
Prima o dopo ti ritroverò, Penelope
perché questo immenso mare
un giorno mi ricondurrà ad
Itaca
dove ti riavrò tra le mie
braccia
per dimostrarti tutta la
passione
che ha sorretto la mia
speranza
nel mio ritorno alla tua
bellezza.
N° 1058 - 23 aprile 2008
Il Custode
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