tu, preda nella mia gabbia
alla mercé del mio odio
quello che hai generato.
Sei stata un
immenso amore
di quelli da togliere il fiato
ma la rabbia del tuo abbandono
mi ha trasformato in carnefice.
Io mi nutro e
mi appago di te
di questa tua schiavitù
tu vivi nell’ansia e il terrore
di vedermi ovunque tu sia.
Eppure io ti
amo ancora
quasi da sembrare un folle
il mio è un sentimento confuso
desiderio d’averti o distruggerti.
Ma quel senso
di agorafobia
ti consumerà lentamente
poiché temi che sotto il cielo
io ti attenda per vendicarmi.
Ed è certo che
non sei al sicuro
neppure tra le mura di casa
io conosco come raggiungerti
non esiste per te via di scampo.
Al tuono del
tuo telefono
tu sobbalzi e cadi nell’incubo
la paura di sentire la mia voce
che graffia e ti artiglia l’anima.
Uno spettro
dentro il tuo sguardo
al quale non potrai sfuggire
io per trovarti e annientarti
seguirò le grida del tuo cuore.
N° 2238 - 19 settembre 2012
Il Custode
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