Hai intrapreso la marcia su Roma
orgoglioso ed impettito
alla testa del tuo esercito
per dare la vita al tuo
sogno
coltivato di enormi pensieri
seminato nella maniera
sbagliata.
Hai voluto cambiare la storia
ambizioso e megalomane
per rendere grande l’Italia
e dalla Somalia
all’Abissinia
hai conquistato la tua
faccetta nera
espugnandola con il gas ed
il dolore.
Ma io mi sono fidato di te
quando dal balcone, nella
piazza
arringavi le folle esaltate
fanatiche del bisogno della
speranza
e con un ridicolo
atteggiamento teatrale
promettevi loro ricchezza e
libertà.
Hai negato il diritto dell’esistenza
a chiunque si professava
ebreo
ed hai pensato i patti
lateranensi
per contrastare il dominio
della chiesa
ma ne sei diventato succube
proclamandola religione di
stato.
E forse le cose andavano bene
fino a quando non ti sei
piegato
alla follia di Hitler,
l’austriaco
che tu vedevi come il nuovo
Messia
convinto che la facilità
delle sue vittorie
ti avrebbe condotto
all’Olimpo.
Fu quindi inevitabile, la guerra
quando al grido di: <<Boia
chi molla!>>
hai sacrificato migliaia di
giovani
tra le sabbie roventi della
Libia
e le gelide nevi della
Russia
portando la nazione
sull’orlo del baratro.
E con gli angloamericani alle spalle
ed il fascismo sul viale del
tramonto
hai iniziato la tua fuga
affannata
braccato da partigiani
codardi
che colpivano e sparivano
come fantasmi
pronti a saltare sul carro
del vincitore.
Ora il tuo corpo è là che pende, Benito
così vicino persino nella
morte
all’amore della tua bella
Claretta
a testa in giù, come un
panno steso
con il respiro che vaga tra
i portici
a cercare il tuo sogno in
Piazzale Loreto.
N° 1080 - 9 maggio 2008
Il Custode
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