come se fossi una gatta nera
portatrice di immense sventure
che mi condussero alla pazzia.
Però eri
inconfutabilmente bella
e descriverti pareva impossibile
tanto che io mi convinsi d’amarti
e la superstizione al tuo passaggio
sembrava che fosse una diceria
e ti aprii l’uscio del mio cuore
tu entrasti con le parole felpate
e nel silenzio prendesti ogni cosa.
Avevi occhi
profondi e penetranti
fatti di schegge di screziato alabastro
la pelle morbida era una tentazione
quasi identica al manto della luna
tanto che le stelle si confondevano
e precipitavano sui tuoi capezzoli.
Ma recasti con
te il dono dell’oblio
faceva parte della tua oscura anima
ed avevi artigli di ghiaccio affilato
molto più di ogni tua menzogna
e le tue fusa, quasi fossero veleno
erano soltanto un fottuto sortilegio.
Io adesso
percorro la mia notte
e ti cerco in mezzo ai rifiuti
fra gli sbandati che tossiscono
ed i criminali nascosti nelle tenebre
poiché là si erge la tua dimora
dove il malsano odore di marcio
copre il lezzo delle tue labbra
dispensatrici di baci artificiali.
Ma sono le
stesse dolcissime labbra
con le quali tu hai marchiato
le mie guance di solchi e di sangue
ed il mio destino che non ha più futuro.
N° 2510 - 16 maggio 2013
Il Custode
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