Si inchina la
notte
all’andatura garbata
del suo dolore discreto.
E lui, col
cuore plumbeo
e la tormenta che infuria
si ferma ed osserva estasiato
le gocce di pioggia suicide
immergersi sopra l’asfalto
adolescenti in caduta libera
che scivolano sul marciapiede
verso le fauci voraci
dei tombini di robusta ghisa.
La luna prova
vergogna
di quando parlò d’amore
adesso che il ricordo perduto
divampa e brucia le stelle
e lei impara la solitudine.
Ma lui, con
l’anima gelida
a piangere fiocchi di neve
vola che pare libellula
e le sue ali maestose
si impigliano contro le nuvole
dopo si fanno scintille
frammenti di rassegnazione.
Ed il cielo,
mortificato
lo accoglie come una madre
chissà se nella sua alcova
oppure in fondo al suo grembo?
La sola cosa che è certa
che il cuore ha ripreso a brillare.
N° 2508 - 13 maggio 2013
Il Custode
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