Non è che un
antico pianto
dal sapore di pane raffermo
lo stesso che io ricamavo
mentre sedevo all’arcolaio
e intanto che l’ago pungeva
io attendevo il tuo arrivo
e supplicavo un incantesimo
mai stato scagliato per me.
E le stelle,
persino la luna
erano simili ai tuoi occhi
astri in caduta libera
diretti alla mia pelle
e la mia pelle bruciava
ed io ti chiedevo perché
tu lo chiamavi bacio
però faceva davvero male.
Spruzzi d’onda
d’oceano
in cui io mi immergevo
stolto e stupido immemore
col sale che ardeva le ferite
il tuo viso era imbronciato
poiché non avevo compreso
avevo un amore e un dolore
che mi appagavano entrambi.
E sono tornato
sul monte
che domina questa vallata
le lacrime sfuggono all’otre
come rugiada all’aurora
e germogliano le rose nere
e grilli dai grossi bicipiti
che illuminano il mio sentiero
alimentando fiamme e scintille.
In ginocchio
come un Buddah
che seduce falchi e gabbiani
e lontano c’è la tempesta
ed ha il suono della tua voce
ma per compiacere il tuo ego
ti mostro la via al mio sangue
ma stolto e stupido sbadato
mi confondo e perdo la vita.
N° 2083 - 11 maggio 2012
Il Custode
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