di provare rimorso
e domandare perdono
per i delitti efferati
commessi crudelmente
durante la mia esistenza
ma probabilmente
il mio sguardo
non è mai sembrato
abbastanza sincero.
Così, dopo anni trascorsi
nell’oblio e nell’attesa
dentro il braccio della
morte
di questo penitenziario
il mio momento
è oramai arrivato.
Ed il terrore mi sovrasta
mentre rimango seduto
con i polsi e con le
caviglie
legati stretti alla sedia
e gli elettrodi che si
poggiano
a carezzarmi il capo.
Allora io fisso la leva
che deciderà il mio destino
e mi orino nei pantaloni
senza arrossire di vergogna
talmente sono impegnato
a salutare la mia vita
che si prepara a sfuggirmi.
Quindi la leva si abbassa
e la scarica mi percuote
e mi brucia il cervello
facendomi rivivere
nella velocità del lampo
ogni frammento del mio
passato
cosicché rivedo i miei
crimini
e sento le urla delle
bambine
che imploravano pietà
e che io, perverso e
libidinoso
nella mia mente insana
non intendevo risparmiare.
Allora forse, adesso
il mio pentimento è reale
mentre la mia bocca schiuma
ed il mio corpo sussulta
preda delle convulsioni
ed il dolore è lancinante
probabilmente troppo breve
per le colpe abominevoli
delle quali mi sono macchiato.
Ma ecco e finalmente
che il mio respiro tace
ed io mi appresto ad
inoltrarmi
nella voragine del nulla
seppure consapevole
che persino l’inferno
si rifiuterebbe di
accogliermi.
N° 1239 - 16 settembre 2008
Il Custode
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