viola dei lividi dolorosi
sulla mia pelle mortificata
e la tua crudeltà
è immensa ed infinita
tanto quanto, almeno
la tua bellezza
indescrivibile.
Ma io, davvero
non posso fare a meno
di amarti profondamente
masochista verso gli artigli
che affondi senza remore
dentro il mio petto
troppo debole e volubile.
E sento il tuo respiro
suono di tamburo
ed unghie che strisciano
sopra l’ardesia
a sibilare i rintocchi
della morte che avanza
e la eco dei battiti
ogni attimo più flebili
del mio cuore che si spenge.
Ma la mia spada
è inutile a fermarti
adesso che tu sei qui
ed al cospetto del tuo viso
di meraviglia assoluta
i tuoi occhi mi trafiggono
ed io divento pietra
che non prova emozioni
né alcuna reazione.
Così la mia rabbia, adesso
cresce come un lampo
attirato dal tuo profumo
di oppio e di cianuro
ed io mi adiro
e dopo mi infurio
poiché seppure ti sento
entrarmi nelle viscere
a strappare via la mia vita
io non riesco ancora
ad odiarti.
N° 1379 - 10 dicembre 2008
Il Custode
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