che fluttuava e saliva
dalle crepe sul muro
dai pertugi dell’anima
io affondavo gli stivali
fino a dove potevo toccare
dentro quel mare scarlatto
nel quale volevo sparire.
Sulla punta
delle mie dita
come un nativo d’America
io tratteggiavo gli zigomi
pronto oramai alla battaglia
ed il tamburo del cuore
batteva sempre più forte
poi di colpo si quietava
come fosse un lupo in agguato.
Dentro le mie
narici
per sfidare il mio respiro
una balena nella risacca
letto di morte e di sabbia
dopo si alzava un’onda
fino al cielo distante
mi tramutava in gabbiano
davvero troppo loquace.
Nelle radici
dei denti
un pugile oramai al tappeto
io sentivo ogni rintocco
ma non riuscivo ad alzarmi
così restavo supino
il capo sopra l’asfalto
e vedevo il rivolo colare
dall’angolo della mia bocca.
Nascosto dalle
pupille
sbirciava dietro la mia iride
simile ad un toro infuriato
pronto per l’ultima carica
e le stilettate d’amore
oramai prossime all’odio
colpivano sopra il mio dorso
ma non abbastanza a fondo.
Di colpo ho
aperto la porta
travolto da ira e marea
da quella rossa pozione
e mi sono arenato nel nulla
e trascorro ogni mio giorno
contando i giorni che restano
che restano non so per cosa
che restano e non so per chi…
N° 2060 - 21 aprile 2012
Il Custode
Nessun commento:
Posta un commento