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domenica 3 novembre 2013

ELDORADO

Alle luci di quell’aurora
le acque vennero solcate
dal soffio di un placido vento
che portava alle coste
flotte di galeoni spagnoli
le cui chiglia uncinate
tagliavano il mare a metà.

Ritto sopra la plancia
il condottiero scrutava
dove le Ande sfioravano
i confini del cielo lontano
e scintillava una luce
creata dalle pietre preziose
o forse non era che il sole.

In cima alla rupe più alta
l’inca contò ogni vascello
dopo lesse le pietre e le ossa
e conobbe il proprio destino
la fine oramai prossima
della sua civiltà antica
in balìa dell’esercito cristiano.

Conchiglie e stelle marine
sparse sopra la sabbia
ed un corteo di belle fanciulle
accolsero quei conquistatori
la finzione dei convenevoli
di chi era pronto ad uccidere
di chi era pronto a morire.

Nascosti come giaguari
nell’ombra della foresta pluviale
i guerrieri indigeni attendevano
un cenno che non giunse mai
per trucidare l’invasore
prima che fosse in grado di varcare
le mura lucenti dell’Eldorado.

E poi arrivò quella notte
del tuono pesante degli archibugi
e le spade che scesero sugli arti
a dilaniare anziani e bambini
e nella pazzia della disperazione
il ministro del culto selvatico
tentò di fermare il massacro.

Imponente innanzi al nemico
sollevò le braccia agli astri
<<Uccidimi…>> Disse al soldato
<<…e il mio sangue salirà come oceano
a travolgere tutti i tuoi uomini
e tu vedrai questa mia vita
inghiottire l’intera tua vita…>>

Ma sotto una luna distratta
tacquero i condor e le alpaca
si udirono soltanto i lamenti
dei moribondi stesi al suolo
ed ebbri di vino e di eccitazione
gli sterminatori cantavano
celebrando la loro vittoria.

Infine, stivate le navi
partirono verso l’orizzonte
la carneficina era compiuta
ma la rotta era stata tracciata
per tornare come padroni
a razziare ogni singola pietra
di quella città costruita di oro.

  N° 2051 - 13 aprile 2012

                                                 Il Custode

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