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venerdì 2 maggio 2014

LA SOLITUDINE DEL GABBIANO

Sopra il mio scoglio
adagiato fra le onde
io, stolto ed illuso
ho creduto di essere
imperatore e sovrano
nella distesa di acqua
la pianura del cielo
fino al filo sottile
dell’orizzonte distante.

Con la voce imponente
ho chiamato a me
le sirene e le telline
guidato dalla presunzione
di chi si crede importante
per poi, alfine comprendere
che non volevo nessuno
ma desideravo soltanto
chi mi potesse adulare.

Salsedine nello sguardo
che come polvere offusca
i miei occhi che brillano
però nasconde le lacrime
così le nuvole passano
sospinte da un vento tenue
confondono il mio dolore
come se fosse finzione
l’ennesimo gioco perverso.

Sono lontane le terre
le spiagge di sabbia dorata
tavole d’ocra imbandite
di granchi e stelle marine
eppure non ho più forza
in queste mie ali stanche
e resto sopra il mio scoglio
dove si infrange violenta
la spuma portata dal mare.

Ma osservo in lontananza
la tempesta che si avvicina
e non ho nemmeno il coraggio
di volare verso un riparo
ed immobile ripenso la vita
certo di averla gettata via
mi sento naufrago nel cosmo
assetato in un arido deserto
sono un Re senza più regno.

  N° 2074 - 4 maggio 2012

                                                  Il Custode

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