Questa foresta
è assai tetra
quanto le acque che mormorano
pensieri in fondo al fossato
eppure non mi può fermare
perché tu sei dentro al castello
che si erge imponente e sinistro
sul fianco della montagna
scheggiato da tuoni e saette.
Io ho visto la
tua figura
scintillare sotto la luna
tu, bellissima sul camminatoio
uno spettro che pare ammiccarmi
nessuna donna, né alcuna strega
potrebbe invogliarmi a tal punto
ti insinui nella mia anima
amore o frutto di un incantesimo.
Un po’
titubante nel mio avanzare
ora calpesto il ponte levatoio
a pochi passi mi attende il portone
che cigolando si spalanca a me
quale diavoleria sarà mai questa?
Comunque io mi addentro silente
per non destare demoni e gnomi
che dormono dipinti sopra le tele.
Mi sento
leggermente a disagio
le ombre che io intendevo evitare
adesso si staccano dalle pareti
dopo si fondono con la penombra
il loro respiro è gelida brezza
come l’inverno mi sfiora la nuca
il candelabro sarà mio alleato
e le farà svanire nel buio.
Io ho annusato
la tua fragranza
profuma di morte giunta sul rogo
forse a causa di un’eresia
o per la bellezza troppo sfacciata
domando perdono per i miei avi
domando perdono per i servi di Dio
che ti strapparono a queste camere
ti condannarono al pubblico ludibrio.
Perché mi
sfuggi, inquieta creatura?
Non sono giunto per farti del male
vorrei rimediare ad ogni misfatto
che si abbatté sopra il tuo destino
non sono giunto per farti del male
ma, penitente davanti ai tuoi piedi
vorrei cancellare ogni tua sofferenza
e darti l’amore che mai imparasti.
All’improvviso
tu mi fai un cenno
quasi un invito affinché io ti segua
nella tua stanza di rosa e vaniglia
sopra il tuo letto che mai fu violato
e la mia testa, adesso in pieno tumulto
non può fare altro che acconsentire
a questa tua allettante proposta
che io bramavo dacché ti sognai.
La tua pelle è
tiepida e morbida
pare non appartenga a un cadavere
e le tue mani come foglie avvizzite
scendono a posarsi sopra il mio petto
e le tue unghie come lame affilate
si fanno strada fino al mio cuore
per tacitarlo e troncarmi il respiro
dopo fare poltiglia delle mie carni.
Io ho
percepito dentro il tuo odio
ogni supplizio che tu hai subito
e domando perdono ai miei avi
che ti uccisero senza alcuna pietà
adesso degusti la tua vendetta
ed il tuo sguardo pare sereno
la tua pace corrisponde al mio oblio
ecco perché mi chiamasti al castello.
N° 2645 - 20 settembre 2013
Il Custode
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