Queste tue
viscide mani
sembrano ragni pelosi
si inoltrano e viaggiano
sulla mia pelle giovane
dentro ogni anfratto
dentro ogni pertugio
e certo non ti importa
che io sia una bambina.
Tu possiedi
rughe
simili a bocche voraci
identiche a burroni profondi
dentro i quali precipito
e quando cerco di risalire
impatto contro i tuoi occhi
che sbavano sopra i miei seni
seppure ancora acerbe pianure.
Ma sarà questa
paura
o forse la mia rabbia immensa
se afferro un paio di forbici
ed infilzo il tuo cuore vuoto
e le tue mani di ragno
si aprono come farfalle
pronte a recarsi in volo
dove ha inizio l’oblio.
Tu crolli
sulle ginocchia
come un lottatore sconfitto
schizza e rimbalza il tuo sangue
sul pavimento e sopra il mio ventre
quasi fosse un’ultima sfida
tu continui a fissare il mio viso
eppure il tuo sguardo misero
stavolta non incute timore.
Il tuo
rantolio di morte
suona come cupa melodia
ma rappresenta per me
la fine d’ogni mio incubo
osservo il tuo corpo esanime
e quasi mi sfugge un sorriso
e non provo alcuna pietà
poiché tu non ne avesti per me.
N° 2557 - 29 giugno 2013
Il Custode
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