Sperduto
nell’eternità
io non vedo la fine
né rammento il principio
adesso attendo soltanto
di alzarmi e spiccare il volo
oppure cadere nel vuoto.
I miei occhi
si abituano
a questo buio profondo
ma non al ghiaccio insistente
che mi graffia le ali
e ne scalfisce lo smalto
fatto di pece ed oblio.
E mi disseto
col sangue
che mi cola dai denti
di che dovrei vergognarmi
ora che non ho più nessuno?
Io temo la mia debolezza
odio sapermi vulnerabile!
Faccio parte
del cosmo
o sono il cosmo stesso
adesso che sono più saggio
penso e mi maledico
e non avrei mai dovuto
diventare immortale.
N° 2249 - 27 settembre 2012
Il Custode
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