La tua vita
che sfugge
come vento che sibila
tra le fronde degli alberi
a spettinarne i capelli
come acqua che scivola
a consumare la roccia
e generare voragini
di un viaggio senza ritorno.
E ti guardavo
partire
sembravi davvero deciso
mentre tentavo ogni gesto
pur di fermare il tuo sonno
ma era una notte profonda
che spaventava le stelle
con la luna distratta
a contemplare le tenebre.
Io rammentai
all’improvviso
quanto tu mi mancavi
quando vennero angeli e preti
a dire parole già scritte
ma la mia mente implodeva
come il soffio sul glicine
simile al dolore pungente
che vedi e non sai fermare.
Le cicale tra
i fili d’erba
pipistrelli sparsi nel cielo
al primo sbadiglio dell’alba
il tuo destino s’era interrotto
e sembrò volersi chetare
la litania imbastita dai grilli
di te mi rimase il profumo
o figlio che t’ho perduto.
N° 1831 - 16 maggio 2011
Il Custode
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