Sussurrò le
parole d’amore
e lo fece con molto garbo
e talmente vicino alle acque
che vaporizzavano al sole
per poi posarsi sull’erba
ai piedi del lago di Ophelia.
L’onta di ricordi
tragici
da cancellare di baci
sopra la schiena tiepida
i capelli e le guance di rosa
intanto che la voce narrava
stornelli rubati alla notte.
Bellissima e
fatta di ombra
e gli occhi veloci marmotte
mentre una gazza spiava
ed imparava i loro sguardi
li annotava sul suo taccuino
per poi raccontarli alle fate.
E le mani,
leggero polline
planavano sulla sua pelle
affinché tra quelle onde
non veleggiasse il suo corpo
ma soltanto i momenti più tristi
impantanati dentro la melma.
Drogati…ma di
sola passione
intanto che il salice piangeva
di quel suo sorriso arenato
in balìa dei fiori di pesco
che raccolti dal vento insolente
volavano via come farfalle.
Tenebra fitta
nel cuore
e l’anima di pietra e carbone
che pure si sgretolava
al cospetto di quella poesia
dapprima una eco distante
poi melodia di suoni e di luce.
Macchie
d’inchiostro sul marmo
e serranda chiusa sul mondo
e seduti sopra la lapide
fino al crepuscolo amico
stavolta crudele tiranno
o forse soltanto geloso di loro.
N° 2032 - 28 marzo 2012
Il Custode
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