Liberami, o
Clotilde
dalle tenebre e dal sangue
sipario sopra i miei occhi
ed io non vedevo null’altro
precipitavo nel baratro
mi alzavo e cadevo ancora.
Marchiami a
fuoco
con le tue labbra bollenti
dopo spengi le fiamme
grazie alle onde in tempesta
impetuose dentro il tuo sguardo
sguardo di verde bottiglia.
Ho ancora
diverse ferite
gonfie di sale e di veleno
ma scendono giù le tue mani
ghiaccio che sfiora la pelle
risveglia il cuore assopito
e il dolore migra distante.
Sinfonia della
tua voce
celata in una conchiglia
ma io ero giunto per caso
per raccontarmi alla notte
supino sopra la sabbia
sabbia in balìa della luna.
Liberami, o
Clotilde
per un istante o per sempre
altrove, oltre il crepuscolo
mi è rimasta un’immagine
fatta di amaro rimpianto
e giorni prestati all’oblio.
N° 2145 - 1 luglio 2012
Il Custode
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