Accarezzato dalla luna piena
il mio ululato selvaggio
percuote i monti e la notte
mentre affondo i miei
artigli
nella fragilità di burro
del tuo cuore insensibile
ed il tuo sangue che cola
inebria il mio palato
selvatico
e riflette nei miei occhi
soddisfatti dalla tua
dipartita
l’ultimo tuo flebile respiro
e le tue tragiche ed inutili
parole
false e prive di fascino
persino nel momento in cui
avresti dovuto implorarmi
pietà.
E mentre la luce filtra
attraverso il buio della
foresta
io banchetto con il tuo
corpo
e trovo di mio gradimento
il sapore delle tue carni
benché pervaso dal rammarico
che adesso sarai parte di me
come non sei stata mai
nei giorni in cui ti
supplicavo
ed il tuo amore esagerato
sembrava saggio e reale
ed il tuo viso bellissimo
occupava l’intero mio
sguardo
occludendo il mio maleficio
regredendo la mia
licantropia.
N° 1204 - 18 agosto 2008
Il Custode
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