Accadde che
egli vide il giorno
albeggiare dietro i monti distanti
mentre la luna, pallida e stanca
scendeva a dormire nella sua tana
e le rimasero alle sue spalle
alcune stelle attardate a giocare.
Lo sguardo
volava come un gabbiano
poi planava a carezzare le acque
fu così che egli comprese
d’avere sprecato una vita intera
a fare moine ad un sentimento
che era scemato dalla sua anima.
Allora tese le
mani alle nuvole
ovatta morbida verso i suoi occhi
affinché si quietassero le lacrime
pozze in cui cadeva l’arcobaleno
accadde che egli imparò l’errore
d’avere amato di stupido amore.
Dunque chiuse
in un fazzoletto
tutte le parole dette e pensate
le seppellì sotto radici di quercia
dietro consiglio di uno scoiattolo
vi pose una lapide di alabastro
ed un rimpianto come un fuoco fatuo.
Nemmeno il
vento riuscì a sospirare
per non spettinare i fili d’erba
che crebbero come un verde mantello
a ricoprire ogni pensiero migrante
soltanto le talpe passarono e lessero
la ragione per cui egli perse il cuore.
N° 2413 - 22 febbraio 2013
Il Custode
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