si aggrappa alla ringhiera
io, con il cappello ed i fiori
attendo e non so che cosa.
Ho la cravatta
che stringe
un nodo in fondo alla gola
o forse è disperazione
in questa sera di vento
dove ti penso e mi accorgo
che non potresti tornare.
Questa
panchina è gelida
benché ancora sia autunno
le ombre accarezzano il parco
ed i cespugli sotto i lampioni.
Seduto che
sembro di gesso
un mimo oppure una statua
ma sono impegnato a pensare
pensieri talmente veloci
da sfuggire alla mia mente
prima che io li possa capire.
La luna arriva
maestosa
e pare che intenda sbirciare
se io sono disposto a morire
o fare spallucce al dolore.
Ho il cuore
che sembra un tuono
e tengo l’ombrello al mio fianco
di modo da ripararmi
dalla pioggia o dalle lacrime
che dalle ferite del cielo
precipitano incontro alle aiuole.
Stride
qualcosa, il cancello
non credo che chiami il mio nome
io non lo dissi a nessuno
e tu non me lo chiedesti mai.
Dopo mi volto
verso ponente
come un lupo annuso l’aria
e chissà da quanti secoli
mi smarrisco per il tuo profilo
so che tu mi cercavi, la notte
ma oramai si è fatta mattina.
N° 2666 - 11 ottobre 2013
Il Custode
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