Dinnanzi alla
mia vista
e dentro i miei occhi
bellissima e rassegnata
seppure altresì dignitosa.
Il tuo passo è
assai incerto
a causa di torture e supplizi
tu ti dirigi incontro al rogo
scortata dai soldati del vescovo
accompagnata dalle ingiurie
di quei morbosi villani
dalla litania fastidiosa
dei canti gregoriani dei frati.
Il religioso
attende là
seduto in prima fila
sopra la sua scranna dorata
pronto a godere lo spettacolo
del tuo immeritato delirio
della tua orribile morte.
Io ti osservo,
vittima ingiusta
dalla cima della collina
e trattengo la mia ira
che ora sarebbe d’intralcio.
E sprono il
mio cavallo
al galoppo verso la piazza
nella mente ancora il tuo viso
sulle labbra la tua fragranza
i militari sono sorpresi
dal tocco della mia spada
crollano al suolo, le teste
gli elmi non possono nulla.
Urla ed
impreca la gente
fugge come formiche impazzite
io salto sopra la pira
per liberare i tuoi polsi
ed il tuo sorriso stupendo
è un raggio di sole rovente.
In sella al
mio destriero
entrambi verso la libertà
ed impreca qualcosa, il prelato
per incitare i propri coscritti.
Adesso è
giunto il momento
e posso dar sfogo alla rabbia
sicché afferro la mia balestra
e lascio partire un suo dardo
che raggiunge il suo bersaglio
per farlo alfine tacere
giusto al centro della gola
egli rantola qualcosa poi muore.
Urla e piange
la gente
i militari sono sgomenti
ma noi siamo molto distanti
dove io posso averti per sempre
ed appagato dalla tua purezza
impazzire ancora per il tuo sguardo.
N° 2646 - 22 settembre 2013
Il Custode
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