Egli dunque si
voltò
verso dove saliva acre
il lezzo di carne bruciata
ed il fumo era denso
sopra le alte fiamme
ed oscurava il cielo
si mescolava alle nuvole
facendo sì che piangessero.
Supini tra le
macerie
adagiati su sconfinati detriti
le donne ed i bambini
agonizzavano i loro lamenti
frattanto la vita sfioriva
e le lacrime erano rivoli
di sangue e di disperazione
sopra l’asfalto in pendenza.
Sicché Egli si
voltò
e guardò la sua creazione
ma era talmente diversa
da come l’aveva lasciata
che non rammentava le terre
oramai crateri e fanghiglia
di alberi crollati al suolo
a calpestare le viole.
E tuoni ed
ancora fulmini
la devastazione era ovunque
Egli aveva plasmato con garbo
gli oceani e le montagne
le distese di verdi pianure
la neve che ammantava le vette
ma quando modellò l’uomo
pensò che fosse il suo capolavoro.
Adesso,
guardandosi intorno
imparava cos’era il dolore
lo leggeva dentro gli sguardi
dei cani presi a sassate
delle cavie vivisezionate
ed allora si vergognò
per avere concepito quel mostro
privo di pietà e di coscienza.
Egli urlò la
sua ira
un frastuono di tale potenza
che lacerò tutti i cieli
e sconquassò ogni mare
e svanì con il suo rimorso
nel sentiero incontro all’oblio
quando alfine si rese conto
d’avere commesso un errore.
N° 2438 - 12 marzo 2013
Il Custode
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