oramai da tempo immemore
e mi nutro di giovani ragni
uccisi dalla propria curiosità
e bevo l’acqua piovana
che filtra dal soffitto di calce.
A volte si affaccia
qualcuno
che scruta nella penombra
e vede la polvere scendere
sulle mie membra avvizzite
dopo si impasta alle lacrime
ed i miei occhi diventano marmo.
Disegno sulle
pareti
la volta del cielo notturno
e adopero come colore
il sangue oramai raggrumato
il siero delle mie ferite
mi serve per dipingere stelle.
A volte chiama
qualcuno
io trovo che sia affascinante
giocare con quella eco
che vibra e poi cade al suolo
come fosse una foglia morente
che ha disimparato il volo.
Le ombre sono
serpenti
che strisciano sul pavimento
dopo tentano di afferrarmi
ma impattano il mio ologramma
non sanno che sono un pensiero
vestito di nulla e di oblio.
A volte si
ferma qualcuno
quasi volesse bussare all’uscio
ma la paura di quello che sono
sovrasta l’amore che io fui
io ne percepisco il sospiro
lo annuso quasi fosse brezza.
Le unghie le
ho barattate
in cambio delle risposte
per comprendere dalla mia morte
quello che io fui nella vita
ma abito dentro la cripta
da quando ho smarrito l’anima.
N° 2660 - 5 ottobre 2013
Il Custode
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